La Cabala Albero della Vita Studiamo Insieme Novita Oltre Il Fiume  Ultimo aggiornamento 20 dicembre Pubblicazioni
  La Cabala La Cabala  

Abbiamo aperto un nuovo sito!!!

CABALA.EU
Là troverete tutti nuovi articoli e le nuove riflessioni, nate in lunghi anni di esperienza e di studio della sapienza cabalistica.
Questo sito continuera` ad esistere nella sua presente forma con l'ampia collezione di scritti, su vari e sempre attuali argomenti.

UN TEMPO DI GUERRA E UN TEMPO DI PACE

et_shalom (1K)

"C'è un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo di guerra e un tempo di pace"

I recenti avvenimenti in Israele, e nel mondo, il riaccendersi delle battaglie, il rischio di una guerra più estesa, ci ripropongono amaramente la dualità così ben definita dal re Salomone (Qoelet 3, 8): "c’è un tempo di guerra e c’è un tempo di pace".

Tra i ventotto tempi spiegati da Salomone, questi sono gli ultimi due, quindi i conclusivi. Sarà l’ultimo tipo di dualità da risolvere. Pur se così chiaramente negativa, la guerra è un’esperienza diffusa e frequente. La si potrebbe paragonare alla malattia del corpo umano. La guerra è una specie di malattia della società, che ritorna ad intervalli più o meno regolari, e che esige un alto prezzo, in vite e in risorse economiche. D’altra parte, nella vita umana le malattie sono spesso utili, sono passi in avanti, che aiutano la persona a crescere, a purificarsi. Nel caso delle guerre non è però così facile vederne i risultati positivi. Cos’ha da dire La Cabalà. a proposito?

La parola "guerra", "milchamà", vale numericamente 123, un numero che simboleggia il passaggio dall’unità alla molteplicità: tre passi, 1, 2, 3, che vanno dall’unione alla divisione, alla frammentazione. Dalla molteplicità alla conflittualità il passo purtroppo è breve. Inoltre, "milchamà" viene da "lechem, "pane", una chiara allusione alle cause sovente economiche delle guerre. Capovolgendo quelle tre lettere, emerge la parola "machal" (Mem - Cheit – Lamed), che significa "cancellare i debiti, perdonare". Probabilmente, c’è un tipo di "karma" che gli esseri umani non riescono ad eliminare se non tramite le guerre. Il problema è che, in quel genere di situazioni, è oltremodo facile produrne dell’altro, ancora più negativo. Forse questa è la causa del fatto che, dopo millenni di storia, si ricade ancora in tali dinamiche di violenza, gestita e diretta dagli stati o da gruppi di guerriglieri.

Ma cosa dice la Cabalà. della guerra? Secondo lo Tzemach Tzedeq, esistono due livelli alla quale essa può venire combattuta. Il più alto è nel mondo di Atzilut, dove, contrariamente a quanto abbiamo studiato in molte occasioni, ci sono ancora delle klipot (forze del male), sebbene sottilissime. Nel mondo di Atzilut, per vincere la guerra, è sufficiente aumentare la luce. Così facendo ogni oscurità viene scacciata. Aumentare la luce significa inondare la propria anima con la consapevolezza dell’esistenza di Dio, e immergersi con totalità nei Suoi insegnamenti, così come vengono trasmessi per mezzo delle Scritture. Qui la Cabalà. gioca un ruolo fondamentale, poiché suo tramite è possibile contattare la Or Ganuz, la Luce Nascosta, cioè quella parte extra di luce che non è ancora penetrata nel mondo.

Il secondo modo di combattere appartiene ai mondi inferiori, quelli dell’intelligenza, delle emozioni e delle azioni. Qui la guerra è ciò che conosciamo, un confronto ravvicinato con una parte che si pone come opposto. Più tale "ombra" si avvicina, è più dura diventa la battaglia. Infatti, in ebraico "qarov", "vicino", e "qrav", "battaglia", si scrivono nello stesso identico modo. Nei mondi inferiori la battaglia si vince solo attivando questi tre livelli simultaneamente:

1) Intelligenza. Occorre una chiara e precisa percezione delle forze in campo; lo studio, la pianificazione e la realizzazione di strumenti bellici atti a potenziare le proprie risorse e probabilità di vittoria.

2) Sentimento ed emozione. È indispensabile trovare il giusto atteggiamento interiore, che non può essere di odio, di rabbia o di vendetta, ma nemmeno di paura o di simpatia per il nemico. Qui intervengono le arti marziali orientali, col loro insegnamento fondamentale. Se si vuole vincere una battaglia occorre essere calmi, liberi, sgombri da eccessi di reattività emotiva. Bisogna essere in uno stato di meditazione.

3) Azione. Occorre agire, muoversi, battersi, rischiare la vita, ritirarsi, se necessario, fino a quando sia possibile tornare in avanti.

Sta a noi scegliere quale dei due tipi di guerra preferiamo, o se li vogliamo entrambi. La Cabalà. è l’arma del mondo di Atzilut.

Un’altra osservazione. Per passare dalla guerra (123) alla pace (376), secondo le ghematrie, è necessario aggiungervi 253. Si tratta di un numero molto misterioso, e ci sono ben poche parole di quel valore. Forse, il suo aspetto più interessante, è che si tratta del triangolo di 22, cioè della somma di tutti i numeri interi, da 1 a 22. Essendoci ventidue lettere nell’alfabeto ebraico, ne consegue che il loro studio concatenato, unito, mistico, cabalistico, è ciò che porta dalla guerra alla pace. Oltre alle loro caratteristiche individuali, le lettere ebraiche possiedono un aspetto collettivo. Esiste un modo di vederle come ventidue stadi di un unico cammino evolutivo, sia dall’alto al basso, che dal basso all’alto. Ci proponiamo un giorno, be-ezrat Ha Shem, di pubblicare qualcosa su questo argomento.

Infine, vediamo la ghematria 253. Corrisponde all’espressione: "Zekher HaShem", "la memoria di Dio", frase che compare alcune volte nella Bibbia, con significati diversi. L’unico modo per trasformare una guerra in pace è di "ricordarsi di Dio", o meglio ancora, "fare memoria di Dio". Se è vero che tale consapevolezza dovrebbe accompagnarci ogni momento, in tempo di guerra essa diventa assolutamente indispensabile. È solo riportando alla memoria lo stato paradisiaco dal quale la nostra anima è stata tratta, che troviamo il balsamo necessario per lenire le ferite.

"Memoria del Nome". Si tratta dell’arma più potente!

In ultima analisi, la più difficile e dura di tutte le guerre è contro Edom, il "rosso", il giudizio, le Ghevurot non addolcite. Edom è il termine codice che indica il quarto e più difficile di tutti gli esili subiti dal popolo ebraico. Duemila anni fa era l’impero romano; oggi come nel passato, Edom è ogni impero che, tramite o forza bruta, o forza economica e diplomatica, impedisce la ricostruzione del Tempio, o vuole togliere Gerusalemme agli Ebrei. Quest’ultimo verso è molto significativo (Salmo 137, 7):

"Ricorda, oh Dio, ai figli di Edom il giorno di Gerusalemme, a coloro che dicono: Distruggetela, distruggetela, fino al suo fondamento."

Questo verso contiene un’allusione alla guerra finale che i figli di Edom faranno contro Gerusalemme. Visto che siamo in tema di guerre, è noto che, nella letteratura "apocalittica", il tema della guerra catastrofica che precede la redenzione finale è molto frequente. Nella tradizione ebraica si chiama a volte: la guerra di Gog e Magog. Senza entrare nel merito di un così vasto soggetto, si tratta di una guerra che pone fine a tutte le guerre, una specie di gran finale. Lo scrittore di queste righe non è in grado di dire se queste idee siano semplici simboli allegorici, o se vadano prese sul serio. Può darsi che entrambi queste ipotesi siano vere. C'è da aggiungere, che secondo Yalkut Shimoni, una collezioni di Midrashim (tradizioni orali), la guerra finale della storia verrà combattuta tra i "bnei Edom", i popoli occidentali, e i "bnei Ishmael", i popoli arabi.

Ritornando al verso precedente, il grido di battaglia lanciato da Edom è, in ebraico: "Aru, Aru". Questa radice significa varie cose, oltre che "distruggere", tra cui "rivelare", "mettere a nudo", e anche "svegliare". È la radice-porta della parola "ervà", che significa "organo sessuale". Nell’Albero della Vita, Yesod, "Fondamento", è la Sefirà che governa la sessualità. C’è dunque, presente in questo verso, la simbologia di una guerra fatta contro Gerusalemme (e gli Israeliti) nel tentativo di macchiare lo Yesod, la base, di annullare le regole etiche ebraiche e universali che governano la sessualità. Questo è un altro aspetto della guerra interiore, che viene combattuta intorno alla parte più santa e più profonda di ciascuno di noi, per conquistarne il controllo della forza vitale.

L’augurio e la benedizione più sincera è di non farci sconfiggere, e di trasformare il grido di battaglia delle forze del giudizio severo in "Svegliatevi, svegliatevi"! Così facendo, il nemico ci darà una mano, passando involontariamente dalla nostra parte. E questo è l’unico vero modo di vincere battaglie e guerre, non vanificando il nemico, ma convertendolo, e portandolo dalla nostra parte.

Altri articoli di attualità interpretata dal punto di vista ebraico e cabalistico:

Una torre di potenza è il Nome di Dio
(sul disastro delle torri di New York)

Profezie dallo Zohar


La Cabala | Albero della Vita | Studiamo Insieme | Novita | Oltre Il Fiume | Programmi | Pubblicazioni| Glossario| FAQ| Bibliografia
Tutte le pagine sono ©1975-2009; Chokhmat Ha-Emet Sapienza della Veritá  info@cabala.org
Alcune dei lavori di arte sono ©1970­2009; Art & Kabballah David Friedman Levona Shurin ShazaRahel Wedding Ketubah Yitzhak Ben Yehuda, e  Yoram Raanan
XHTMLCSS, 508