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RABBI NACHMAN

DI BRESLOV

Rabbi Nachman è stato uno dei più grandi tra i maestri chasidici di tutti i tempi. La sua vita fu breve e piena di eventi drammatici, ma qualunque cosa gli succedeva serviva unicamente a rafforzare la sua già incommensurabile fede in Dio. Egli era un pronipote dello stesso Baal Shem Tov, il fondatore del Chasidismo. Rabbi Nachman nacque il primo del mese di Nissan dell'anno 5532 (1772). Fin da piccolo fu attratto da particolari vie di contemplazione e di meditazione mistica, che praticava in solitudine nei boschi e sulle montagne, a guisa del suo famoso bisnonno. Sposatosi in età molto giovane (secondo l'abitudine di quel periodo), Rabbi Nachman, date le sue brillanti virtù umane e spirituali, non ebbe difficoltà a radunare intorno a sè un folto numero di discepoli. Gli unici problemi gli venivano dal movimento degli "oppositori" (Mitnagdim), e perfino da alcuni maestri chasidici, forse gelosi dello sviluppo rapidissimo che il suo gruppo di fedeli andava assumendo, attirando a sé anche anziani e quotati rabbini. Molti dei suoi cambiamenti di sede furono proprio dovuti al fatto che Rabbi Nachman rifuggiva le diatribe e gli scontri, e preferiva andarsene piuttosto che causare invidia e inimicizia. Egli ebbe comunque un grande desiderio di viaggiare, che lo portò nella stessa terra d'Israele, per una breve visita. Tuttavia gli spostamenti in quei periodi erano molto difficili, e richiedevano un notevole sforzo fisico. Fu soprattutto ciò che lo portò a contrarre la tubercolosi, la malattia che avrebbe causato la sua morte prematura. Poco tempo prima gli era morta anche la moglie e un figlio in tenera età. Rabbi Nachman lasciò questo mondo durante la festa di Sukkot dell'anno 5571 (1810), all'età di 38 anni.

Furono tuttavia anni intensi e pieni forse quanto intere vite. All'età di 18 anni Rabbi Nachman aveva testimoniato di se stesso di essere già arrivato al livello del santo bisnonno, il Baal Shem Tov. Forse una tale affermazione potrebbe sembrare orgogliosa, ma Rabbi Nachman era la persona più modesta della terra, e quanto diceva era semplicemente vero.

In modo simile a quanto era già successo per il santo Arizal (anch'egli mancato a 38 anni), l'opera di Rabbi Nachman fu registrata e pubblicata dal suo più fedele discepolo, Rabbi Natan. Essa è composta da tre elementi principali. Il primo libro è Likutei Moharan, una collezione dei suoi più importanti insegnamenti. In essi il maestro tesse insieme nozioni profondamente cabalistiche con le loro interpretazioni chasidiche, elementi di racconti o midrashim con altri di carattere morale e psicologico. Poi vi è un'opera in diversi volumi: Likutei Halakhot, dove il maestro spiega il significato interiore e cabalistico delle regole della Halakhà. Si tratta di un'opera preziosissima, che da un'infinito respiro mistico all'altrimenti stretto e difficile mondo dell'Halakhà. Altrettanto importante è il Likutei Etzot ha-Meshulash (Raccolta triplice di Consigli), una raccolta di interpretazioni chasidiche, sistematizzata come una specie di mini-enciclopedia un ordine alfabetico. Infine ci sono diversi racconti o leggende, che Rabbi Nachman raccontò in varie occasioni.

Uno degli elementi centrali del suo insegnamento, tratto tipicamente chasidico, è l'insistenza sul bisogno di essere sempre contenti, di non lasciarsi mai abbattere, di non avere mai paura. Rabbi Nachman spiega che l'unico vero peccato è la tristezza e lo scoramento che gelano il cuore di una persona che ha commesso un'infrazione morale o alla quale è successo qualcosa di brutto (Dio non voglia). La depressione è la radice di ogni peccato successivo, in quanto convince la persona di non essere capace di allontanarsi dalla falsa strada, di non essere capace di fare altro che errori, di non meritare nulla se non disgrazie e punizioni.

Un altro elemento particolare del pensiero di Rabbi Nachman è il suo non aver voluto iniziare una dinastia chasidica, come invece tipico di ogni altro gruppo, nel quale alla morte del Rebbe viene eletto un successore, quasi sempre il figlio di costui. Rabbi Nachman disse ai suoi discepoli che non avrebbero dovuto aspettarsi nessun altro Rebbe se non lo stesso Messia. Tutt'oggi il movimento dei Chasidim di Breslov, diffuso soprattutto in Israele, Stati Uniti e Francia, non ha un maestro-guida, se non lo stesso Rabbi Nachman, vivo più che mai nell'amore e nell'attenzione di quanti seguono la sua via.

Un'altra delle particolarità di Rabbi Nachman fu quella di insegnare tramite racconti dall'aspetto fiabesco e mitico (re, principesse, castelli, ecc.). Si trattava dell'evolversi di una delle caratteristiche presenti nell'insegnamento del suo santo bisnonno: il Baal Shem Tov. I suoi racconti però erano di carattere più popolare e folcloristico, più vicini agli archetipi della cultura ebraico-contadino di Russia e Polonia in quei tempi. Come vedremo dai due esempi che verranno tradotti qui di seguito, le storie di Rabbi Nachman avevano invece un aspetto esteriore quasi vicino agli archetipi dei nobili gentili di quei tempi. Si tratta però di un solo aspetto esterno, poichè le storie di Rabbi Nachman sono in realtà tesori preziosi di sapienza cabalistica, opere altamente creative di un'anima che sapeva trovare scintille di santità ovunque.

Rabbi Nachman aveva una vocazione particolare nell'avvicinare e nel comunicare con gli ebrei dell'"Hashkalà", l'Illuminismo ebraico, che stava prendendo piede in Europa in quegli stessi anni. Condannati con veemenza da parte del rabbinato ufficiale e benpensante, i maskilim (illuministi) furono gli iniziatori del laicismo ebraico, e sostenevano il diritto di frequentare le scuole e le università degli stati in cui vivevano, e il diritto di seguire valori molto più vicini a quelli dei popoli gentili loro vicini e contemporanei. Ovviamente ciò portava a un notevole indebolimento o alla stessa scomparsa della pratica religiosa ebraica, l'osservanza delle Mitzvot, e ciò segnò anche l'inizio del doloroso fenomeno dell'assimilazione. Vi erano dunque motivi più che sufficienti per preoccupare il mondo ebraico ortodosso.

Ma Rabbi Nachman vedeva molto più in là dei suoi contemporanei: scorgeva nelle anime dei maskilim (gli intellettuali) un'ansia di conoscenza e di progresso che la pur valida vita di osservanza religiosa non riusciva a soddisfare. Inoltre egli scorgeva in essi anche dei potenziali "ba'alei teshuvà" (maestri del ritorno), che sarebbero un giorno ritornati all'Ebraismo con i tesori delle conoscenze prese dall'ambito mondano nel quale si erano a lungo intrattenuti, conoscenze che sarebbero state "rettificate" alla luce dei principi esoterici della Torà. Rabbi Nachman arrivò a dire che la stessa venuta del Messia sarebbe stata annunciata dal fenomeno congiunto di un gran numero di "ba'alei teshuvà" e di "gherei tzedek" (giusti convertiti). Pur se l'Ebraismo è sempre stato e rimane una religione che non cerca proseliti, se questi si avvicinano con intenzioni pure e serie essi sono accolti con grande gioia.

La profezia di Rabbi Nachman si sta avverando proprio nei nostri giorni, nei quali diventa sempre più imponente il numero di ebrei laici che stanno ritornando all'osservanza e allo studio della Torà, specie nelle sue componenti esoteriche. Contemporaneamente, cresce in modo inaspettato il numero di gentili che chiedono di diventare ebrei. Purtroppo il Rabbinato ufficiale, con la stessa mancanza di perspicacia già dimostrata altre volte nel passato, tratta entrambi questi due tipi di persone come dei sottosviluppati mentali, tenendoli lontani dalle conoscenze della parte mistica ed esoterica della Torà, e cercando di dirigerli unicamente verso la sola pratica della parte halakica (delle regole pratiche), pia e devota quanto si vuole, ma senz'altro limitata. Non c'è nessun dubbio che una retta osservanza dei precetti sia la base insostituibile senza la quale non potrebbe esserci né una vera teshuvà, né una sincera conversione, e neppure una genuina comprensione della Cabalà.. Tuttavia i collegi di studi rabbinici, ai quali queste persone vengono indirizzate, non contengono nei loro programmi altro che le istruzioni sul come fare i pavimenti, dimenticandosi di come una casa sia costituita anche da pareti e da tetti. Quello che il Rabbinato non ha ancora capito è che non si tratta di ritornare semplicemente alla situazione esistente prima del diffondersi del laicismo. Ciò è del tutto inconcepibile. Il mondo si muove ad una velocità sempre più elevata, e lo stesso pensare di rimanere fermi nello stesso posto già costituisce un errore madornale, per non parlare del credere di poter ritornare indietro!

I "maestri del ritorno" e i "giusti convertiti" (e qui potremmo anche includere tutti quei gentili che pur non intendendo diventare ebrei si sentono sinceramente attratti dalla sapienza contenuta nella Torà) non ricercano soltanto la parte morale e pratica della Legge ebraica, per quanto profonda e perfetta possa essere. Nella maggior parte dei casi essi desiderano un'esperienza diretta della parte mistica e contemplativa, desiderano gettare uno sguardo dentro le stanze interne della Torà, dove sono custoditi i suoi segreti. Non è un desiderio erroneo o prematuro, come sostengono i rabbini non preparati a condurli all'interno del Palazzo del Re. Una tale opinione negativa è unicamente motivata dai pregiudizi di una mentalità ristretta che ha già fatto il suo tempo, oltre che dalla stessa incapacità, peraltro non ammessa volentieri, di tali rabbini nel condurre altri in luoghi dei quali loro stessi non sono a conoscenza.

Quel che si richiede a tali maestri è un fondamentale atto d'umiltà: è noto che non tutte le anime d'Israele hanno la stessa accesa passione per la parte mistica della Torà. Molte anime sono soprattutto attratte dalla parte più pratica e legale, che peraltro contiene così tanta saggezza da riempire facilmente i giorni e gli anni di chi vi si senta votato. Ma non occorre generalizzare. Succede invece che tali maestri pretendono che i loro interessi diventino una norma per tutti, confinando ogni attrazione verso la parte cabalistica in un angolo a volte definito come accessorio e facoltativo, e a volte definito come inutile, pericoloso o proibito. Non c'è nulla di più falso! La Cabalà. è da sempre l'anima della Torà, così come le regole dell'Halakhà ne sono il corpo. Solo una piena interazione di questi due partner inseparabili è chiamata "vita", e il Dio d'Israele è il Dio della vita. D'altronde sono sempre esistiti, in ogni luogo e in ogni generazione, validissimi maestri, esperti della parte legale e pratica, che hanno scalato anche le vette delle conoscenze esoteriche. Oggi costoro si dichiarano pronti ad insegnare chi gli si avvicina sinceramente, senza porre precondizioni o senza esami introduttivi. Dunque l'unica cosa che viene richiesta ai rabbini delle molte Yeshivot ufficiali, per il momento, è almeno di non interferire in ciò. In un futuro ormai prossimo però si renderà necessario introdurre corsi di Cabalà in ogni programma di studio in yeshivà, a qualsiasi livello, avanzato o introduttivo che sia.

Un altro punto sul quale Rabbi Nachman ci lascia un insegnamento quanto mai attuale è sull'atteggiamento che gli ebrei religiosi dovrebbero tenere nei confronti di quelli non religiosi, specie in paesi come Israele o gli Stati Uniti, cioè dove vi sono forti comunità religiose. Purtroppo non è raro tutt'oggi vedere come l'ebreo ortodosso guardi ai suoi fratelli laici con un malcelato orgoglio e senso di superiorità morale. Non c'è nulla di più errato, dato che solo Dio è in grado di giudicare tutti i meriti e i demeriti di una persona. Rabbi Nachman invece, irradiando simpatia ed interesse umano anche verso il più assimilato degli ebrei, stabiliva subito un canale di contatto, tramite il quale ogni forma di benedizione e di insegnamento poteva passare. Il suo esempio è tutt'oggi centrale nel comportamento dei Chasidim Breslov. Questi sono tra i più aperti e tolleranti degli ebrei ortodossi, e nei loro ranghi vi sono numerosissimi ba'alei teshuvà.


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