L'UNIONE UOMO - DONNA 


LA VIA VERSO LA RETTIFICAZIONE 
DEL MONDO
 
3° parte

             L'Opinione della Cabalà

            Tutti gli argomenti precedenti vengono accentuati e sviluppati nell’esoterismo biblico: La Cabalà.. Lo Zohar (Libro dello Splendore) prende il rapporto uomo-donna come il paradigma privilegiato del rapporto Dio - Anima umana superiore. Nella Divinità stessa ci sono queste due polarità, dalla cui interazione è stato possibile creare i mondi e mantenerli in esistenza. Contemporaneamente, grazie all’unione tra uomo e donna, realizzata nell’amore, nella bellezza e nella santità (soprattutto durante il momento dell’atto maritale), è possibile stimolare le analoghe controparti divine a realizzare un’unione più profonda e intensa.

            Tale migliorata unione tra il maschile e il femminile superni ha come conseguenza l’aumento della discesa di vitalità e abbondanza, che si riversano su tutte le creature. In altri termini, il rapporto Divino - Umano non è riducibile al semplice legame Causa - Effetto, ma piuttosto ad una corrispondenza interattiva. È pur vero che tutto proviene da Dio, ma è anche vero che il comportamento umano ha delle conseguenze non solo sul piano limitato dei mondi inferiori, ma anche sugli stessi livelli spirituali superni.

            La luce della consapevolezza si nutre della polarità uomo-donna, così come l’energia elettrica ha sempre bisogno di un polo positivo e di uno negativo. L’importanza della riuscita del rapporto maschile-femminile viene ulteriormente evidenziata dal nome della condizione rettificata dei mondi primordiali (che erano stati distrutti): Matkela (Bilancia), simbolo di equilibrio e armonia nelle relazioni. La Torà allude all’esistenza di mondi che hanno preceduto quello attuale nella storia dei sette re di Edom, che “regnarono e morirono” (Genesi 36). L’ottavo re, Hadar, invece vive, per merito della sua relazione di coppia con la moglie Meitavel. Si tratta di un argomento vasto e complesso, base e fonte primaria di tutta La Cabalà., del quale riparleremo in seguito. 

            La Cabalà. sostiene che la relazione riuscita e felice tra uomo e donna è l’assaggio più consistente delle gioie riservate ai giusti e ai santi nel mondo a venire, il loro anticipo più concreto e tangibile. Questo mondo è chiamato: “Mondo del fidanzamento”. Qui ogni legame rimane provvisorio e temporaneo, iniziale e incompleto. Tuttavia ciò non è soltanto uno svantaggio. L’abituarsi a considerare un rapporto come “sicuro” è deleterio, mentre il senso di non aver ancora conquistato completamente la propria anima gemella (pur avendola già incontrata) è salubre, in quanto genera rispetto e timore. L’altro vantaggio presente nel fidanzamento consiste nell’intensità del desiderio e dell’anticipazione reciproca, elementi che declinano gradualmente durante la vita matrimoniale. Comunque sia, soltanto il “mondo a venire” è chiamato: “il mondo del matrimonio”, e l’esperienza piena e definitiva della perfetta armonia tra maschile e femminile sarà possibile solo quando la rettificazione del cosmo sarà completata. Tuttavia non si potrà arrivare ad essa se non la si prepara già in questo mondo, ognuno secondo la sua misura e capacità.

            I vari legami tra uomini e donne descritti dalla Bibbia sono le fasi di un processo non ancora concluso, volto a rivelare la perfetta relazione tra maschile e femminile. Con la venuta del Messia ognuno di noi troverà la sua anima gemella, o imparerà finalmente ad andare d’accordo con lei.

            Ma torniamo alla storia del giardino dell’Eden. Fin dagli inizi l’armonia tra Adamo ed Eva non era perfetta, e il serpente si insinuò nella sottile divisione presente tra l’uno e l’altra, trasformandola in un abisso grandissimo. Da allora la storia dell’umanità è una progressiva rettificazione di quel difetto primordiale. Dopo il peccato, Adamo visse 130 anni separato dalla moglie, e ciò fu una prima occasione di purificazione. Al termine di quel periodo si unì nuovamente con lei, e la Bibbia dice: “Adamo conobbe Eva sua moglie”. Ciò costituisce l’inizio della rettificazione, e avviene tramite il corretto uso di Da’at, la conoscenza unificatrice. L’attivazione di tale sefirà, o potenza dell’anima, è di fondamentale importanza per la riuscita dell’unione maschile-femminile.  Nel cervello umano Da’at trova il suo corrispettivo nel cervelletto, detto anche “cervello del serpente”, come pure in quelle parti cerebrali adibite a stabilire le comunicazioni tra i due emisferi. Si tratta di una sezione del cervello altamente misteriosa, che viene attualmente utilizzata solo in minima parte. Secondo La Cabalà., in questa regione ha sede la capacità di unire conoscente, conoscenza e conosciuto.

            Dagli eventi del giardino dell’Eden si può trarre un’interessante analogia. Nella storia ebraica la distruzione del secondo Tempio equivale alla cacciata dal Paradiso, e l’inizio dell’esilio più lungo e duro. Dopo la distruzione ci furono 1300 (130 x 10) anni di solitudine, durante i quali cioè il livello segreto della Torà era completamente nascosto. Al termine di tale periodo c’è stata la rivelazione della Cabalà. (con la pubblicazione dello Zohar), e il lento processo della rettificazione della consapevolezza ha iniziato ad interessare la “conoscenza” collettiva.

             Abramo e Sara sono il primo esempio di anime gemelle all’interno del mondo della rettificazione, dopo Adamo ed Eva (la somma dei cui nomi vale 64, il quadrato di 8, il numero dell’infinito). Essi vissero 3700 anni fa, in una cultura nella quale non c’era la minima traccia del valore del rapporto monogamico e dell’amore romantico. Abramo e Sara dovettero affrontare tutta una serie di complessi problemi, primo fra i quali la mancanza di figli, che avrebbero rappresentato non soltanto l’avvenuto compimento dell’unione, ma anche la continuità fisica dei loro insegnamenti. Dalla loro esperienza, come da quella di molti altri personaggi della Bibbia, si vede come il vivere con la propria anima gemella non sia una situazione magica, che metta al riparo da ogni pericolo. Si tratta invece di un dono che espone ancora di più ai paradossi dell’esistenza umana, poiché esso viene dato proprio affinché ci si impegni più di prima all’opera di rettificazione della realtà.

            Il nome “Sara” significa “consigliera”. Sara supera il marito nella visione profetica di ciò che dovrà venire (“tutto ciò che Sara ti dirà, ascolta la sua voce” Genesi 21, 12). Il suo esempio è una delle prove di quanto affermato dalla Cabalà, e cioè che il femminile, pur essendo sceso più in basso, è radicato in un luogo della Divinità superiore a quello dal quale proviene il maschile.

            Dopo Abramo e Sara troviamo Isacco e Rebecca. Isacco è l’unico tra i Patriarchi ebbe un legame esclusivamente monogamico. Secondo l’Ebraismo, la monogamia è la migliore forma di rapporto, in quanto Dio stesso è Uno, e in quanto Adamo era stato creato con una sola compagna. Chi non è ancora pronto a ciò deve almeno sapere in che direzione ci si sta muovendo. La moglie di Isacco, Rivka, è la personificazione della forza dell’anti-entropia, che spinge il mondo ad un livello sempre maggiore di ordine, di armonia e di scopo. Infatti fu la madre di Giacobbe ed Esaù, il principe del mondo spirituale e il principe di “questo mondo”. Nel suo ventre entrambi coesistettero, pur se con difficoltà. Essa rappresenta dunque l’unione dei contrari, senza effettuare la quale cadremo sempre nella dialettica ripetitiva dell’albero della conoscenza del bene e del male.

            Dopo Isacco e Rebecca troviamo Giacobbe e Rachele. L’amore che Giacobbe ebbe per Rachele rimane tutt’oggi un esempio insuperabile. La differenza con i modelli del romanticismo classico e moderno (Elena e Paride, Ulisse e Penelope, Romeo e Giulietta) sta soprattutto nel fatto che tra Giacobbe e Rachele c’era una fortissima comunione spirituale. Si trattò di un amore grande e potente, sia nella gioia che nel dolore, e la morte prematura di Rachele causò a Giacobbe una sofferenza dalla quale non riuscì mai più ad ottenere piena consolazione. Tra le altre cose, dall’esempio di Rachele e Giacobbe deriviamo l’insegnamento che amare è indispensabile, anche se rischioso o penoso. Sbagliano coloro che, avendo avuto esperienze negative nel passato, o avendo sofferto per un motivo e per l’altro, decidono di non amare più, o temono di impegnarsi troppo. Nel rapporto uomo-donna anche le sofferenze sono utili.

            Giacobbe è un caso particolare, in quanto ebbe due mogli di pari valore ed importanza. Egli è molto connesso con l’archetipo dei Gemelli (era il secondo di due gemelli maschi), che notoriamente soffrono di problemi di sdoppiamento dell’anima gemella. Le due mogli di Giacobbe rappresentano le compagne per i suoi due diversi stati: Rachele era la compagna di Giacobbe (più umano e personale), mentre Lea era la compagna di Israele (il ruolo collettivo, cosmico e spirituale di Giacobbe, ricevuto dopo la battaglia contro l’angelo, vedi Genesi 32, 29).

             Sovente nel testo biblico l’incontro con la propria anima gemella avviene nelle vicinanze di un pozzo d’acqua o di una piscina. È così per Rivka ed Eliezer, inviato da Abramo per cercare moglie al figlio Isacco (Genesi 24). Una situazione analoga si verifica sia per Giacobbe e Rachele (Genesi 29), che per Mosè e Tzippora (Esodo 2). Davide invece vede Batsheva, la sua futura moglie, mentre lei si lavava in una piscina (2 Samuele 11, 2). Anche a proposito del re Shlomo e della regina di Saba la tradizione parla di una piscina misteriosa. La donna è la sede delle acque femminili, che devono salire dal basso per influenzare le acque maschili e attirarle a scendere, con il loro contenuto di abbondanza e ricchezza. Il simbolo dell’Aquario è l’unico tra i vari segni dello Zodiaco a mostrare la piena riconciliazione tra i due tipi di acque, superiori e inferiori, maschili e femminili.

             Nella tradizione ebraica non c’è posto per  il celibato o l’ascetismo che comporti la rinuncia del legame uomo - donna. Gli Ebrei sono tenuti ad osservare le loro numerose pratiche religiose vivendo contemporaneamente una vita con moglie e figli. Mosè costituisce un caso particolare tra i grandi maestri d’Israele, in quanto ad un certo punto divorziò la moglie per potersi dedicare a tempio pieno alle “faccende della Shekhinà” (la presenza di Dio). Tzippora, la moglie di Mosè era scura di carnagione, ad indicare le profondità della terra, la femminilità nella sua condizione più accentuata. Pur guadagnando un’elevazione spirituale certamente maggiore, nel lasciare la moglie Mosè perse contatto con le parti più fisiche della creazione, come dimostrato dal fatto che in seguito Dio non gli concesse di entrare nella terra d’Israele. La rettificazione di ciò venne effettuata dal re Salomone, il cui nome contiene le stesse lettere del nome di Mosè più una Lamed, la lettera del segno della Bilancia e del senso del Tashmish (rapporto sessuale, del quale parleremo in seguito). Salomone conquistò la più vasta e profonda conoscenza del femminile che sia mai stata raggiunta da un essere umano, e da ciò deriva la sua sapienza proverbiale. Egli meritò di costruire il Tempio, il luogo dove Dio si manifesta pienamente nel mondo materiale, e di scrivere il Cantico dei Cantici, il capolavoro del significato spirituale dell’amore fisico.

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